Sono le nostre cugine più vicine.
E sono a rischio di estinzione per colpa dell'uomo.
Finalmente un summit per tentare di salvarle.
Speriamo ci riesca...
"A San Pietroburgo un summit internazionale contro l'estinzione
E sono a rischio di estinzione per colpa dell'uomo.
Finalmente un summit per tentare di salvarle.
Speriamo ci riesca...
"A San Pietroburgo un summit internazionale contro l'estinzione
MARIO TOZZI
Prima che gli uomini si trasformassero in super-predatori, prima che l’accumulo si trasformasse nell’unica legge, prima ancora che le città stuprassero le foreste c’era solo una regina della giungla asiatica. Era la maestosa tigre, superbo retaggio di un mondo primordiale forse più duro, ma senz’altro più armonico. Di decine di migliaia di tigri ne restano poco più di tremila al mondo, per salvare le quali stavolta non basteranno più le parole o gli impegni generici. Se non vogliamo che il prossimo anno della tigre, nel 2022, venga celebrato senza le protagoniste.
Forse credevamo che le tigri fossero protette, invece Thailandia, Myanmar e Cina costituiscono ancora oggi una trappola per gli scopi meno giustificabili e violenti. Pelli, ossa, denti, zampe e interi animali rarissimi vivi (come il leone asiatico) vengono illegalmente, ma proficuamente, commerciati, approfittando della lontananza dal governo e incentivati dai margini di profitto elevatissimi.
A San Pietroburgo, Cina e Thailandia (che importano) sono chiamati a rispondere di questi traffici al pari degli altri Paesi asiatici esportatori, per un totale di centinaia di individui uccisi ogni anno. Tutto il resto del mondo li guarda, anche se non può fare a meno di ripensare sulle strategie che hanno contribuito a distruggere gli habitat di quei felini, fondamentali, se non si vuole che le tigri divengano poco più che morti viventi. Il modello di sviluppo occidentale, insieme con l’assalto alle risorse naturali, è letale almeno quanto il bracconaggio.
Ma gli europei non hanno la coscienza a posto. Cosa direste se vedeste qualcuno far correre un cane fino a che non sanguini dalle zampe e muoia sfinito? O qualcun altro usare centinaia di migliaia di uccelli vivi, meglio se accecati, per massacrarne altri? Eppure è ciò che succede quotidianamente. Il Parlamento europeo approva una normativa che peggiora (almeno nel nostro Paese) la sperimentazione animale, prevedendo la vivisezione per le grandi scimmie selvatiche, che ci assomigliano al 98% del Dna, e sugli animali randagi di cui non sia possibile dimostrare l’appartenenza. Si potrà sperimentare su specie in via di estinzione e sfiancare gatti e cani, per esempio facendoli nuotare fino alla morte, per vedere dove arriva la nostra soglia di resistenza o di dolore. L’uomo è la sola specie animale che riduce in schiavitù e tortura altre specie, anche al di là della propria stretta sopravvivenza. Di più, è l’unica che lo fa anche per esigenze voluttuarie come la cosmesi o la pulizia personale.
Senza sperimentazione animale le malattie mieterebbero più vittime fra gli umani? Due fatti ci impediscono di prendere scientificamente sul serio questa affermazione. Per primo, ciò che è sperimentato sugli animali non sempre funziona sull’uomo, come dimostrò la talidomide nella Germania degli Anni 70. Ed è noto che alcune sostanze tossiche per l’uomo non lo sono per gli animali (stricnina). Alla fine sarà sempre e solo la sperimentazione umana a decidere sulla terapia da utilizzare. Alcune ricerche dimostrano che la correlazione fra studi pre-clinici e benefici terapeutici è debolissima, tanto che spesso la ricerca in vivo può essere considerata irrilevante. Il secondo è che oggi la scienza e la tecnologia consentono ciò che anni fa era impensabile, come la sperimentazione su tessuti o cellule in vitro, lasciando in pace l’individuo. E non possiamo considerare gli animali come modelli causali analogici di cartesiana memoria, anche perché non tutti saranno senzienti, ma tutti certamente soffrono e almeno si potrebbero risparmiare loro quei dolori.
Che non vengono risparmiati nemmeno ai 250 mila uccelli attualmente detenuti (nella sola Toscana), in condizioni di atroci sofferenze, per funzionare da richiami vivi allo scopo di uccidere altra selvaggina. Non è solo questione di animalismo, ma di ripristino della legalità, visto che la Corte costituzionale aveva già bocciato un’analoga legge regionale e che si preparano le sanzioni da parte della Ue. In quanto a diritti degli animali non umani, il nostro Paese è quasi l’ultimo in Europa, grazie a una lobby profondamente minoritaria, ma estremamente aggressiva in Parlamento. Negli ecosistemi malati la caccia fa danni almeno quanti il bracconaggio reca alla tigre."
Prima che gli uomini si trasformassero in super-predatori, prima che l’accumulo si trasformasse nell’unica legge, prima ancora che le città stuprassero le foreste c’era solo una regina della giungla asiatica. Era la maestosa tigre, superbo retaggio di un mondo primordiale forse più duro, ma senz’altro più armonico. Di decine di migliaia di tigri ne restano poco più di tremila al mondo, per salvare le quali stavolta non basteranno più le parole o gli impegni generici. Se non vogliamo che il prossimo anno della tigre, nel 2022, venga celebrato senza le protagoniste.
Forse credevamo che le tigri fossero protette, invece Thailandia, Myanmar e Cina costituiscono ancora oggi una trappola per gli scopi meno giustificabili e violenti. Pelli, ossa, denti, zampe e interi animali rarissimi vivi (come il leone asiatico) vengono illegalmente, ma proficuamente, commerciati, approfittando della lontananza dal governo e incentivati dai margini di profitto elevatissimi.
A San Pietroburgo, Cina e Thailandia (che importano) sono chiamati a rispondere di questi traffici al pari degli altri Paesi asiatici esportatori, per un totale di centinaia di individui uccisi ogni anno. Tutto il resto del mondo li guarda, anche se non può fare a meno di ripensare sulle strategie che hanno contribuito a distruggere gli habitat di quei felini, fondamentali, se non si vuole che le tigri divengano poco più che morti viventi. Il modello di sviluppo occidentale, insieme con l’assalto alle risorse naturali, è letale almeno quanto il bracconaggio.
Ma gli europei non hanno la coscienza a posto. Cosa direste se vedeste qualcuno far correre un cane fino a che non sanguini dalle zampe e muoia sfinito? O qualcun altro usare centinaia di migliaia di uccelli vivi, meglio se accecati, per massacrarne altri? Eppure è ciò che succede quotidianamente. Il Parlamento europeo approva una normativa che peggiora (almeno nel nostro Paese) la sperimentazione animale, prevedendo la vivisezione per le grandi scimmie selvatiche, che ci assomigliano al 98% del Dna, e sugli animali randagi di cui non sia possibile dimostrare l’appartenenza. Si potrà sperimentare su specie in via di estinzione e sfiancare gatti e cani, per esempio facendoli nuotare fino alla morte, per vedere dove arriva la nostra soglia di resistenza o di dolore. L’uomo è la sola specie animale che riduce in schiavitù e tortura altre specie, anche al di là della propria stretta sopravvivenza. Di più, è l’unica che lo fa anche per esigenze voluttuarie come la cosmesi o la pulizia personale.
Senza sperimentazione animale le malattie mieterebbero più vittime fra gli umani? Due fatti ci impediscono di prendere scientificamente sul serio questa affermazione. Per primo, ciò che è sperimentato sugli animali non sempre funziona sull’uomo, come dimostrò la talidomide nella Germania degli Anni 70. Ed è noto che alcune sostanze tossiche per l’uomo non lo sono per gli animali (stricnina). Alla fine sarà sempre e solo la sperimentazione umana a decidere sulla terapia da utilizzare. Alcune ricerche dimostrano che la correlazione fra studi pre-clinici e benefici terapeutici è debolissima, tanto che spesso la ricerca in vivo può essere considerata irrilevante. Il secondo è che oggi la scienza e la tecnologia consentono ciò che anni fa era impensabile, come la sperimentazione su tessuti o cellule in vitro, lasciando in pace l’individuo. E non possiamo considerare gli animali come modelli causali analogici di cartesiana memoria, anche perché non tutti saranno senzienti, ma tutti certamente soffrono e almeno si potrebbero risparmiare loro quei dolori.
Che non vengono risparmiati nemmeno ai 250 mila uccelli attualmente detenuti (nella sola Toscana), in condizioni di atroci sofferenze, per funzionare da richiami vivi allo scopo di uccidere altra selvaggina. Non è solo questione di animalismo, ma di ripristino della legalità, visto che la Corte costituzionale aveva già bocciato un’analoga legge regionale e che si preparano le sanzioni da parte della Ue. In quanto a diritti degli animali non umani, il nostro Paese è quasi l’ultimo in Europa, grazie a una lobby profondamente minoritaria, ma estremamente aggressiva in Parlamento. Negli ecosistemi malati la caccia fa danni almeno quanti il bracconaggio reca alla tigre."
Da La Zampa 22/11
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